“In a city the street must be supreme. It is the first institution of the city. The street is a room by agreement, a community room, the walls of which belong to the donors, dedicated to the city for common use. Its ceiling is the sky. Today, streets are disinterested movements not at all belonging to the houses that front them. So you have no streets. You have roads, but you have no streets.”
Louis Kahn dixit.
Tradurre questo pensiero, per chi non conosce l’inglese e quindi non può coglierne l’immediatezza derivante dalla lingua originaria, è estremamente complesso, ma un tentativo è necessario affinché questa geniale quanto semplice considerazione possa essere condivisa.
“Nella città la strada deve essere il sommo elemento. è il primo organismo della città. La strada è una stanza, una stanza della comunità, i cui muri appartengono a coloro che li hanno donati alla città, all’uso comune. Il suo tetto è il cielo. Oggi le strade sono movimenti indifferenti agli edifici che ne costituiscono i fronti. Perciò non avete strade. Avete infrastrutture di collegamento, ma non avete strade.“
L’inglese è certamente la lingua più adatta a rendere questa considerazione perchè, come mi faceva notare un collega ricercatore all’università del Molise, Giovanni Ottaviano, la lingua inglese possiede due termini distinti per la strada intesa come luogo pubblico (street) e per la strada intesa come infrastruttura della mobilità (road). Il ruolo centrale della strada nella città, come spazio pubblico, era assolutamente chiaro a Louis Kahn. Non per niente lui era Louis Kahn mentre gli architetti italiani di oggi, invece, sono gli architetti italiani di oggi.
La strada è un luogo straordinario e può potenzialmente tornare ad esserlo oggi, più di quanto non lo sia stata nel secolo scorso, con l’avvento delle auto, da quando alcune di esse sono state restituite alla città, chiudendo le aree centrali al traffico. Una strada, oggi, non è più solo un luogo di flussi, un luogo dell’andare, uno spazio da osservare in movimento, ma anche un luogo dello stare, del sostare, del vivere relazioni sociali. E non solo. Le strade sono i paesaggi urbani del nostro vivere quotidiano e plasmano, giorno dopo giorno, l’immagine emotiva che custodiamo dentro di noi, della nostra città e che resterà nel nostro immaginario sempre, anche se dovremo abbandonare i luoghi dove abbiamo vissuto. Le strade non sono calcoli, sono il rumore del fruscio degli alberi scossi dal vento, sono il profumo delle gemme sui rami a primavera e il crepitio delle foglie secche sotto le scarpe in autunno, sono le risate dei bambini che giocano a rincorrersi e i pianti di quelli che volevano il gelato prima di cena. Le strade sono gli sguardi delle persone che passeggiano senza meta, osservando le vetrine, le chiacchiere delle ragazzine che hanno marinato la scuola, il profumo del caffè che proviene dai tavolini dei bar sotto gli ombrelloni, i diritti gridati e gli slogan durante le manifestazioni. Le strade sono il silenzio degli anziani che osservano i passanti, ricordando storie della loro vita, in quella stessa cornice. Le strade sono le nostre anime che corrono in ritardo e si sfiorano per un attimo, per non incrociarsi mai più. Le strade non sono fioriere, non sono pavimenti, non sono panchine, non sono alberi. Eppure sono questo ma sono molto di più. Ogni panchina, ogni albero, ogni tassello della pavimentazione devono diventare, nel corso del tempo, il paesaggio emotivo di qualcuno, un luogo di ricordi, passati ma anche da costruire nel tempo. Perché questo avvenga occorre avere uno sguardo sensibile ed attento, occorre che chi vive la città esprima le proprie aspettative sulla stanza a cielo aperto che incornicia giorni e ore della propria esistenza. L’energia vitale dell’esistenza deve potersi sprigionare nell’uso della strada come spazio pubblico, da invadere, di cui godere come se fosse il salotto della propria casa, o un luogo confortevole dove poter mangiare street food all’ombra di un albero, o ancora la cortina di sfondo delle relazioni sociali.
Per questo motivo la progettazione urbana di una strada non può essere partorita da una singola mente, non può ridursi a un mero atto compositivo, anche se lodevole. La strada è una matassa di fili colorati e diversi da sbrogliare e la progettazione partecipata è l’unico modo per sbrogliarla. La soluzione potrà essere maggiormente rispondente ai problemi ricorrenti, se nasce dall’ascolto di tutti coloro che vivono quello spazio alle più svariate ore del giorno. Ognuno avrà notato qualcosa di diverso, ad ognuno piacerebbe vedere realizzato un elemento diverso, tutti insieme potranno aggiungere un dettaglio ad un quadro condiviso, senza tralasciare le relazioni tra gli edifici, le cui facciate costituiscono i muri delle nostre stanze a cielo aperto, e lo spazio pubblico, che devono potersi esprimere in tutte le possibili modalità, da quella visiva a quella fisica.
Diversamente, ce lo ha suggerito Louis Kahn, che non era l’ultimo degli architetti: you have roads, but you have no streets.