In attuazione di quanto previsto dal Decreto SCIA 2 (d.lgs. 222/2017) il 22 febbraio scorso è stato approvato in conferenza unificata il Glossario Unico degli interventi che si possono realizzare in edilizia libera, ovvero senza la presentazione di alcuna pratica edilizia.
In questo articolo vi racconto cosa ne penso io, riflettendo con voi su cosa significa semplificare.
Il glossario, pubblicato sul sito italiasemplice è composto da 58 voci, che costituiscono un elenco non esaustivo (e già qui, sono perplessa) ma che hanno come fine ultimo quello di semplificare la vita ai committenti che non riescono a districarsi tra le normative di settore e a comprendere se possano o meno realizzare un intervento liberamente o se debbano chiamare un professionista tecnico per presentare un’istanza o una comunicazione al comune.
Un nobile obiettivo, insomma, in coerenza con l’agenda italiana della semplificazione.
A quanto ci dice il sito italiasemplice “Non sarà più necessario districarsi in un labirinto di norme, ci sarà un elenco semplice e chiaro di quello che si può fare: pavimenti, rivestimenti, condizionatori, pergotende, impianti elettrici, etc. E’ un glossario unico che vale su tutto il territorio nazionale. Più semplicità e trasparenza.“.
Sembra tutto bellissimo e giustissimo ma…(perchè c’è sempre un ma, a volte ce ne sono tanti, di ma) leggendo l’elenco sono stata assalita da una serie di interrogativi, e quindi più che sembrarmi una semplificazione, quella operata mi è sembrato un modo per mettere alla prova i professionisti, un trabochetto, se vogliamo.
Mi è sembrato di tornare indietro nel tempo, al famoso spot di promozione del decreto “Sblocca Italia” del Governo Renzi, il mai dimenticato “è casa tua, decidi tu” (il video è questo) ritirato dopo poche settimane – giusto il tempo di fare danni – perché, semplicemente, delineava un’Italia che non esiste, in cui le ristrutturazioni non sono onerose, le pratiche sono due semplici fogli di carta e agli accatastamenti provvede il comune (!).
Forse sarò una voce fuori dal coro, ma a me questo glossario, soprattutto per alcune voci, sembra una semplificazione fin troppo semplicistica, se mi passate il gioco di parole.
Analizzando la tabella con le 58 voci ne ho rilevate alcune che, giustamente, vengono inserite tra quelle di manutenzione ordinaria, eseguibili in edilizia libera, tenendo sempre conto che eventuali altri nulla osta o autorizzazioni, comunque denominati, devono comunque essere richiesti.
Tra queste, certamente le opere di rinnovamento degli intonaci, delle pavimentazioni interne/esterne, dei serramenti, delle inferriate, degli elementi di rifinitura, dei manti di copertura.
Già sulla possibilità di sostituire una scala, anche se di arredo, sono più scettica, soprattutto perché non si specifica che caratteristiche debba avere la predetta scala per essere definita “di arredo” , termine peraltro che trovo insulso e molto poco consono all’edilizia. Una scala di arredo non serve forse per fare da collegamento a due livelli e non deve forse essere dimensionata per sopportare un determinato peso o essere agganciata in un determinato modo, esattamente come una qualsiasi scala? Ritengo che la sostituzione di una scala con un’altra (che non si specifica nemmeno essere di tipo analogo) non sia un intervento da affrontare in edilizia libera e che qualche considerazione dal punto di vista strutturale, in merito, vada affrontata.
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Giusto per fare un esperimento sociale ho provato a scrivere scala d’arredo su Pinterest. Questo è il primo risultato scaturitone.
D’altronde…ci sarà un motivo se le scale con rampa fino ad un metro di larghezza sono state inserite nel vituperato elenco delle cosiddette “Opere Minori” emanato dalla Regione Puglia in allegato all’ormai famosa DGR 1309/2010! (che avrebbe dovuto essere revocata, in seguito a una sentenza della Corte di Cassazione, che riteneva non potesse essere la Regione a classificare gli interventi privi di rilevanza per la pubblica incolumità ai fini sismici dovendo provvedere lo Stato, ma che ad oggi è ancora in piedi, operante sul territorio pugliese, esentando non dalla calcolazione ma dal deposito del progetto strutturale all’ex Genio Civile – ndr).
Dunque mi chiedo…può un intervento da realizzarsi in edilizia libera avere implicazioni di tipo strutturale? Il Testo Unico dell’Edilizia ci dice espressamente che addirittura le opere realizzabili con Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata (CILA), che presuppongono asseverazioni ed elaborati prodotti da un progettista, la nomina di una impresa e di un direttore dei lavori, e quindi da realizzarsi sotto la guida di un tecnico abilitato devono essere non strutturali.
Scorrendo l’elenco mi balza poi all’occhio una simpatica suddivisione tra controsoffitto strutturale, di cui sono consentiti in edilizia libera, la riparazione ed il rinnovamento, e controsoffitto non strutturale, che può invece essere riparato, sostituito e addirittura installato in edilizia libera. Riflettendo credo che chi ha scritto quest’elenco, volesse distinguere i controsoffitti – questi sì, d’arredo – realizzati per l’alloggiamento di faretti o per un semplice vezzo architettonico e i controsoffitti creati per l’alloggiamento di impianti, che quindi devono anche sopportare dei pesi. Tuttavia la definizione è fuorviante e anche in questo caso i controsoffitti andrebbero, comunque, verificati dal punto di vista strutturale, quantomeno con un’analisi dei carichi, in quanto elementi secondari, che compongono la struttura.
Il capitolo “impianti” meriterebbe una dissertazione a parte. Mi limito a dire che relegare a mera manutenzione ordinaria e quindi ad edilizia libera la messa a norma di un impianto mi pare a dir poco pericoloso, soprattutto perché, nello specifico, l’intervento di messa a norma consiste nella revisione globale dell’impianto ed implica che l’impresa incaricata dell’adeguamento rilasci la certificazione dell’impianto ai sensi del DM 37/2008.
In questo modo si dà la possibilità al privato di realizzare una serie di modifiche, anche avvalendosi dell’impresa di Mest Cicc’, tutto ciò a discapito del povero committente, che scoprirà di essere stato gabbato solo nel momento in cui dovrà presentare la SCA (Segnalazione Certificata di Agibilità: se volete approfondire ne parlo qui), e che per farlo gli servono certificazioni di impianti che non ha mai ottenuto.
Proseguendo la lettura fino alle “Aree ludiche ed elementi di arredo delle aree di pertinenza” mi si apre letteralmente un mondo.
Scopro con sommo stupore che è possibile realizzare un “gazebo di limitate dimensioni e non stabilmente infisso nel suolo“. Mi chiedo cosa significhi “di limitate dimensioni” per chi ha scritto questo elenco (10 metri quadri? 20 metri quatri? 200 metri quadri? chissà…) ed allo stesso tempo cosa significhi che un gazebo non debba essere stabilmente infisso nel suolo: probabilmente si voleva sottolineare che si tratta di manufatti che non hanno bisogno di fondazioni in calcestruzzo o ancoraggi chimici fissi. Comincio a rabbrividire figurandomi uno scenario apocalittico in cui in cielo volano gazebi…ma non è finita qui.
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Gazebo nella sua reale accezione
Scorrendo la lista trovo che è possibile installare anche Pergolati che abbiano le medesime fantastiche caratteristiche dei gazebi. Qui però la situazione peggiora. Se i gazebi sono manufatti che conservano un carattere di leggerezza e temporaneità (come spiego meglio qui) i pergolati sono senza dubbio strutture, costituite da pilastri e travi, a volte in legno, a volte in acciaio, a volte anche in cemento armato e come tali vengono considerati dalla normativa antisismica. In Puglia, infatti, sono inseriti nel famoso elenco delle Opere Minori di cui abbiamo detto in precedenza e normati a seconda che si tratti di pergolati su strutture esistenti (in tal caso non possono superare i 3 metri di altezza, i 20 mq e gli 0,25 kN/mq di peso) o di pergolati di nuova costruzione, non realizzati su strutture esistenti. Oltre i parametri previsti dalle Opere Minori, che, ricordo, esentano dal deposito del progetto ma obbligano comunque a calcolare la struttura, occorre effettuare il deposito del progetto strutturale o addirittura fare istanza di autorizzazione presso il competente ufficio tecnico regionale, se siamo in zona sismica.
Dunque una domanda sorge spontanea, ancora. Come coniugare la possibilità di installare un pergolato in edilizia libera, con i necessari adempimenti di natura strutturale? Cosa rispondere ai committenti che, leggendo questo elenco, pubblicato su internet e alla portata di tutti, accuseranno il proprio ingegnere/architetto di voler lucrare sulla sua pelle e il tecnico comunale di essere un burocrate privo di scrupoli, che accuratamente persegue i cittadini, obbligandoli a gravosi adempimenti? Come spiegare che, quando il vicino di casa presenterà un esposto in comune per presunto abuso edilizio, il tecnico comunale, trovando un manufatto che per la normativa antisismica è una struttura a tutti gli effetti, dovrà emettere una ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi?
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Esempio di pergolato
Riflettevo su questi ameni interrogativi, anche alla luce di innumerevoli sentenze che addirittura guardano alle tettoie/pergolati come ad elementi di nuova costruzione, non classificandoli nemmeno tra i manufatti pertinenziali. Sono giunta alla conclusione che la necessità di calcolare una struttura, implica, per il già citato articolo 6-bis comma 2 del dPR 380/2001 che dice che sono realizzabili con semplice comunicazione interventi che non riguardino parti strutturali di un edificio, che tali manufatti vadano realizzati previa presentazione almeno di una SCIA, con asseverazioni del progettista e direzione dei lavori; e questo anche perché, soprattutto se i manufatti sono realizzati su edifici esistenti, modificano i prospetti e a volte sono soggetti al rispetto delle distanze, che va valutato da un professionista.
Per quanto riguarda invece le Tende a Pergola o le Coperture leggere di arredo (non meglio specificate), in assenza di una qualsivoglia definizione, di una norma edilizia specifica e non essendo previsto il calcolo strutturale delle stesse, a quanto sembra, la giurisprudenza propende per la possibilità di realizzarle in edilizia libera, come dice questa recente sentenza.
Insomma, l’anarchia delle pergotende!
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Gli esperimenti sociali continuano sulle pergotende e danno grandi risultati, dato che attraverso questa immagine è già semplice capire come una pergotenda (edilizia libera) diventa una veranda (permesso di costruire).
L’ultima osservazione riguarda i manufatti leggeri come roulotte, campers, case mobili, imbarcazioni e assimilati: questi possono essere installati in strutture ricettive all’aperto. A mio avviso, anche qui manca una specifica, meglio chiarita dalla sentenza 57/2016 del Tar Veneto, i cui punti salienti sono ben riassunti in questo articolo di Ediltecnico.
In pratica questi manufatti possono essere installati, ma in via temporanea. Non possono cioè modificare in maniera permanente lo stato dei luoghi, ciò che comporterebbe il rilascio di un permesso di costruire.
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Insomma, non deve diventare una casa.
Mi chiedo perciò: perchè non specificarlo? Perchè non assegnare un limite temporale? Per generare ancora più confusione, penso possa essere una adeguata risposta.
In conclusione, posso purtroppo dire che questo elenco non esaustivo (avevano messo le mani avanti, dai) lascia spazio a molti dubbi e incertezze, contribuendo a generare ulteriori equivoci e ancora più problemi, a carico dell’ignaro committente, che si troverà davanti a questioni irrisolte e a scenari che non aveva immaginato, non avendo gli strumenti per risolvere la situazione.
Questa non è l’Edilizia Semplice di cui parlo in questo blog, questa è una manovra politica, gestita con enorme superficialità, che di semplice ha tutto per chi l’ha scritta e niente per chi la deve applicare.
Voglio dedicare il finale di questo articolo alle defunte CIL, ormai eliminate dal d.lgs 222/2016 in favore di una completa liberalizzazione, tanto compiante dai committenti che amavano presentarle per sentirsi apposto con la coscienza, potendo provvedere da soli alla compilazione e alla firma, senza ausilio di alcun tecnico.
Ci sono gli irriducibili, che, trovandosi improvvisamente orfani, hanno sostituito, alle CIL le Comunicazioni di Inizio Lavori per Opere Temporanee da rimuovere entro 90 giorni ai sensi dell’art. 6 comma 1 lettera e-bis). A loro il mio accorato pensiero…
E ora chi glielo dice che devono rimuovere il gabinetto dopo solo tre mesi di utilizzo?