Oggi cominciamo a parlare di un tema che mi sta particolarmente a cuore: i cosiddetti “manufatti pertinenziali“, che brutta parola!
Si tratta di opere edilizie che non hanno una propria autonomia funzionale ma che sono strettamente correlate e connesse (spazialmente e/o funzionalmente) con l’edificio principale.
In altre parole: sono manufatti pertinenziali quelli che non possono esistere ed essere usati da soli per ospitare una qualsiasi destinazione, ma che possono essere considerati come un’appendice della costruzione principale.
Purtroppo, lo dico subito, le norme italiane in fatto di manufatti pertinenziali non aiutano affatto!
Nulla è infatti chiarito nel Testo Unico dell’Edilizia in merito alla definizione qualitativa di questi oggetti mitologici sconosciuti ed in merito, cosa anche più grave, alla qualificazione tecnico-giuridica dell’intervento edilizio e alla pratica edilizia necessaria per la sua realizzazione.
Il tema è abbastanza vasto, per cui oggi ci soffermeremo principalmente sulla definizione dei singoli manufatti.
E già qui cominciano i problemi.
Infatti allo stato attuale non esistono delle definizioni uniformi e valide per tutti.
La frase tipica è che “ogni comune si regola come vuole“.
Ricordatevi: ogni volta che qualcuno vi dice questa frase un istruttore tecnico comunale muore.
A parte gli scherzi. Questa frase, che i liberi professionisti ripetono come un mantra, quasi per giustificarsi con i committenti di non essere onniscienti, non è del tutto esatta per il semplice fatto che in presenza di una normativa nazionale è teoricamente impossibile che ogni comune faccia come vuole.
O quantomeno: esistono sempre dei paletti posti dalla normativa nazionale e regionale entro cui i comuni devono muoversi. Il problema è quanto spazio resta ai comuni, per muoversi.
Infatti, in assenza di una regolamentazione nazionale specifica, si apre un campo di discrezionalità che a volte è risolto con le norme tecniche di attuazione e con i regolamenti edilizi comunali.
Altre volte resta del tutto priva di regolamentazione.
Lo Stato ha provato, con l’accordo del 20/10/2016 stipulato con le Regioni, ad emanare un Regolamento Edilizio Tipo (RET) per risolvere questa ed altre problematiche simili, stabilendo 42 definizioni uniformi, che ogni regione avrebbe dovuto recepire, adeguandole al proprio territorio, stabilendo il termine entro cui tutti i comuni avrebbero dovuto inglobarle nei propri regolamenti edilizi comunali.
Non sto a dirvi che questo processo è ancora in corso e che si sta ancora cercando di capire come adeguare senza stravolgere le definizioni.
Vi dirò invece che le definizioni proposte dal regolamento sono insufficienti, ad esempio, a fugare i dubbi circa le differenze tra questi manufatti.
La definizione n. 41 del RET infatti ci dice che la tettoia è un “Elemento edilizio di copertura di uno spazio aperto sostenuto da una struttura discontinua,
adibita ad usi accessori oppure alla fruizione protetta di spazi pertinenziali.“
La definizione n. 42 parla invece della veranda “Locale o spazio coperto avente le caratteristiche di loggiato, balcone, terrazza o portico, chiuso sui lati da superfici vetrate o con elementi trasparenti e impermeabili, parzialmente o totalmente apribili.”
La pensilina, di cui alla definizione n. 38, è invece un “Elemento edilizio di copertura posto in aggetto alle pareti perimetrali esterne di un edificio e priva di montanti verticali di sostegno“.
Queste definizioni,tutt’altro che chiare a mio avviso, ci fanno però capire tre cose certe:
- La tettoia ha la mera funzione di coprire uno spazio aperto, senza circondarlo.
- La veranda è un elemento edilizio che serve per circondare uno spazio (es. balcone), di fatto trasformandolo da spazio aperto a spazio chiuso
- La pensilina, per essere definita tale, non deve avere pilastrini di sostegno, ma deve essere un elemento agganciato ad una parete, a sbalzo.
Nel RET non si parla, invece, di pergolati e di gazebi o dell’invenzione del secolo, la pergotenda (già il nome è una truffa) alla quale dedicherò un post specifico.
La necessità di capire le differenze tra questi elementi sta nel fatto che la loro realizzazione può comportare l’applicazione di procedure diverse e la necessità di realizzare differenti progettazioni ed adempimenti burocratici.
Proverò quindi a spiegare in maniera semplice e senza utilizzare paroloni, aiutandomi con delle immagini, le differenze tra questi manufatti, partendo dalla definizione di tettoia data dal RET, che trovo inesatta per un particolare.
LA TETTOIA
La tettoia è un manufatto che può essere realizzato con vari materiali (legno, acciaio, ecc.) composto da elementi verticali (i pilastri) ed elementi orizzontali (le travi, i travetti, il tavolato, lo strato impermeabilizzante ed eventualmente tegole o coppi di copertura).
Questo tipo di manufatto non è discontinuo, come definito dal RET, ma è dotato di una copertura continua che, per intenderci, quando piove non permette all’acqua di passare e consente a chi si trova sotto la tettoia di non bagnarsi.
Si tratta di un elemento molto utilizzato non solo in ambito residenziale, posto su lastrici solari, balconi o giardini, ma anche in ambito industriale, soprattutto nelle aree di stoccaggio delle merci, per non farle bagnare in caso di pioggia.
IL PERGOLATO
Il pergolato, o pergola, è stato originariamente utilizzato principalmente nei giardini o negli orti.
Si tratta di una struttura composta da pilastri e travi e travetti che ha la funzione di sorreggere piante rampicanti, che si sviluppano in maniera tale da costituire la copertura orizzontale del pergolato.
Questa, sì, è una struttura discontinua, diversamente dalla tettoia.
Infatti, qualora le piante non fossero abbastanza rigogliose da coprire tutta la superficie del pergolato, rimarrebbe spazio vuoto tra una trave e l’altra.
Nel tempo questo tipo di elemento è stato utilizzato anche in ambito residenziale, spesso sostituendo alla vegetazione teli di copertura.
Soprattutto nei giardini, nelle sale ricevimenti, negli agriturismi è ancora molto diffuso l’utilizzo di pergole su cui si arrampicano piante di vite, glicini,buganvillee o altri tipi di piante rampicanti ornamentali e fiorite.
LA PENSILINA
La pensilina è una struttura orizzontale, priva di pilastri, che viene in genere ancorata alle murature di prospetto, spesso in corrispondenza di aperture, porte o finestre.
La sua finalità è quella di proteggere temporaneamente dalle intemperie chi sia intento a compiere una azione che non comporta il fermarsi a lungo al di sotto della stessa.
Ad esempio le pensiline vengono installate alle fermate dei mezzi pubblici, oppure in corrispondenza di una porta o di un cancello di ingresso, affinché chi arriva per entrare e deve cercare le chiavi o attendere che gli venga aperto, può sostare all’asciutto in caso di pioggia
Si tratta di una struttura molto semplice da montare, ne vengono vendute di già pronte anche a prezzi molto contenuti, nei negozi di fai da te.
IL GAZEBO
Il gazebo è una struttura tipicamente da giardino, costituita generalmente da una copertura poligonale appoggiata su pilastrini sottili. A volte è rialzato su una pedana.
Si può trovare ancora oggi in molti parchi o giardini pubblici, soprattutto se particolarmente antichi. Offre riparo all’ombra e a volte anche delle sedute ricavate al di sotto della copertura.
Può avere carattere temporaneo qualora si tratti di gazebi in materiale plastico, che vengono montati per le manifestazioni di piazza, oppure carattere stanziale ed essere realizzato in legno o più diffusamente in ferro battuto.
LA VERANDA
La veranda è un manufatto realizzato a partire da una preesistenza, molto spesso un balcone esistente, che viene recintato e chiuso con infissi e vetrate o con pannelli in materiale plastico.
Tipicamente in Italia in passato si sono utilizzati ampiamente infissi in anticorodal e vetri zigrinati/opacizzati (orrore degli orrori!) non consentissero dall’esterno di osservare le attività svolte all’interno, garantendo maggiore privacy.
La principale differenza con tutti gli altri tipi di manufatti enumerati finora è che la veranda è chiusa su tutti i lati e costituisce quindi un volume, anche se il balcone viene chiuso con tende plastiche che scorrono su binari, come proposto sempre più recentemente dalle ditte produttrici, per ovviare alla presentazione di idonee pratiche edilizie.
Spero che dopo questa carrellata sia più chiaro di cosa stiamo parlando, perché è opportuno innanzi tutto, quando si vuole realizzare un intervento, conoscere la giusta terminologia.
(Ora sicuramente capirete perchè quando un committente mi chiede di realizzare un gazebo su un balconcino, io resti alquanto perplessa!)
Nei prossimi post proveremo a capire come si realizza ciascuno di questi manufatti, quali sono gli adempimenti necessari ed il corretto iter da seguire e a cosa fare attenzione per non restare vittime di imprese senza scrupoli!
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