Imperdibili tappe per architetti – parte I
Era da un po’ che volevo scrivere questo articolo.
Per tanti motivi.
In primo luogo perché ho amato questo viaggio, come nessun altro viaggio fatto prima. E ho amato la Sicilia, che prima di allora non avevo mai visto e che mi è entrata nel cuore per non uscirne mai più.
In più in questo periodo storico assurdo che stiamo vivendo, e che certamente finirà nei libri di storia del futuro come la pandemia del 2020, mi sembra importante parlare del viaggio, perché viaggiare oggi non è più così scontato e perché sarebbe bello che quando torneremo a farlo possiamo provare a conoscere le meraviglie che la nostra Italia ci offre, anche e soprattutto quelle meno conosciute.
Era l’estate del 2012, io e M. ci eravamo appena laureati (il 26 luglio!) e abbiamo organizzato questo viaggio in meno di una settimana. Abbiamo prenotato solo i B&B via internet, prevedendo che il nostro giro sarebbe durato una settimana circa.
Non avevamo moltissimi soldi, abbiamo comprato un biglietto per il traghetto e abbiamo viaggiato in macchina, siamo partiti con la nostra celestina, come dimenticarla? Avevamo previsto che un giro come quello che avremmo voluto fare sarebbe stato impossibile da fare senza un mezzo proprio, in Sicilia. E avevamo ragione. Perciò se volete guidare meno di noi, potete prendere un aereo e noleggiare una macchina, ma in ogni caso vi serve potervi spostare in autonomia.
Come sempre, ho riportato le tappe del nostro viaggio in una mappa che potete trovare al seguente link, e che potete stampare o salvare e portare con voi.
https://drive.google.com/open?id=1xLFBTdZUp6HOlT8_YODe46-mq7sMpi8L&usp=sharing
Durante quel viaggio, come è mia abitudine da quando ero piccola, ho tenuto un diario, su un quadernino a righe, dove ho attaccato anche tutti i biglietti, le mappe, le cartoline che ho raccolto durante il viaggio e che conservo come un tesoro. Alcune riflessioni che riporterò in questo articolo vengono direttamente da lì, inoltre tutte le foto – laddove non specificato – sono fatte da me ed M.
PALERMO
La prima tappa del nostro viaggio (dopo 12 ore di auto, partivamo dal Salento!) è stata Palermo.
Abbiamo dormito in un B&B vicino al Teatro Massimo, nel quartiere Monte di Pietà, vicinissimo al centro storico di Palermo, nel cuore della città. Il B&B è più un OneB, nel senso che è solo bed senza breakfast, con il bagno in comune, ma è pulitissimo, centralissimo ed economico e sotto c’è un bar che fa dei cannoli siciliani spaziali; si chiama Mary Guest House, se lo cercate su booking c’è ancora e ha prezzi super contenuti e anche camere familiari.
Ci siamo mossi sempre a piedi per la città, che è benissimo visitabile senza l’utilizzo di mezzi, chiaramente camminando un bel po’. Camminare è però piacevolissimo! Palermo è una città che non si spiega. Resti sbalordito da ogni angolo, da come la cultura occidentale si mischi senza colpo ferire con il mondo orientale, lascito degli arabi.
Improvvisamente, nel centro storico, puoi osservare cupole rosse dalle forme inequivocabili, che ti fanno pensare di essere in Marocco o in Tunisia, per poi imbatterti nel barocco e nel rococò più spinto delle chieste straordinarie, ovunque disseminate: san Domenico, santa Maria la Nuova, Santa Caterina d’Alessandria e il complesso della Casa della Professa, solo per citarne alcune, secondo me imperdibili, ma ce ne sono tante altre, nei vicoli più nascosti.
Ci è piaciuto, più che seguire un percorso stabilito, andare a zonzo per le stradine del centro storico, tra vecchie botteghe artigiane e scritte in arabo, che ogni tanto comparivano.
Vale la pena sicuramente visitare San Cataldo, la chiesa dei Cavalieri del Santo Sepolcro, a pianta centrale, con le cupole rosse di cui sopra e uno splendido pavimento. In genere per entrare nelle chiese c’è un costo, contenuto, oppure una offerta libera.
Devo dire che ho trovato l’interno della Cattedrale abbastanza deludente, non così ricco e magnificente come quello di altre chiese, in contrasto con l’esterno, che invece lascia a bocca a aperta. La fontana pretoria, che si trova nella piazza antistante, risulta quasi intimidatoria, con le sue statue dall’espressione arcigna.
Altra visita che consiglio è quella al complesso di san Giovanni degli Eremiti, completa di salita al campanile, che consente la vista dall’alto del Chiostro e di una Palermo inedita (caschetto giallo fornito e scala a chiocciola da paura incluse nel costo del biglietto, contenuto).
Il pomeriggio, dato che eravamo ad agosto e faceva molto caldo, abbiamo preso la macchina e siamo andati al mare a Mondello. Sono rimasta colpita dalla bellezza di una spiaggia che più urbana non si può, ma che comunque è incastonata tra due riserve naturali, quella di Capo Gallo e quella del Monte Pellegrino.
Per me, pugliese, abituata alle pianure, è stato strano fare il bagno sotto un promontorio così verde e rigoglioso; mi è piaciuto moltissimo immergermi nell’atmosfera siciliana, perché a Mondello si è davvero circondati da gente del posto che va lì appena esce dal lavoro per rinfrescarsi o di mamme con i propri figli. La meraviglia di vivere in Sicilia, sul mare.
Per assaporare la vita notturna palermitana abbiamo frequentato la zona detta della Champagneria, un’ampia zona pedonale nelle vicinanze del Teatro Massimo, dove si trovano numerosi locali per cenare, bere qualcosa, ascoltare musica, ballare. (su quanto sia buono ed economico tutto quello che si mangia in Sicilia meglio non commentare, ci vorrebbe un articolo a parte ma non sono sicuramente la persona più adatta per scriverlo…e poi mi verrebbe troppa fame!)
MONREALE – SEGESTA
Da Palermo siamo andati a Monreale, a circa una mezz’ora di auto.
Se vi state domandando: “La visita di una sola chiesa vale lo spostamento?” beh, la risposta è assolutamente si. Il Duomo di Monreale è uno di quei luoghi fuori dall’ordinario, in cui potresti restare ore, semplicemente a guardarti attorno, chiedendoti come sia possibile che mani ed ingegno umano abbiano potuto produrre tutta quella bellezza.
Quando l’abbiamo visitato noi l’ingresso era gratuito e ad 1 euro si poteva comprare la guida che spiega tutta l’iconografia dei ricchissimi mosaici bizantini dorati che tappezzano completamente l’interno della chiesa, di origine normanna, patrimonio dell’UNESCO dal 2015.
Da Monreale, tra un carretto siciliano (vero!) e un po’ di crema solare, in un’oretta di macchina siamo arrivati a Segesta, un sito archeologico che ci è piaciuto moltissimo, anche se non è tra i più visitati. Purtroppo il sito è praticamente abbandonato a se stesso; questo gli regala il cosiddetto “fascino della rovina“, tuttavia fa anche un po’ di tristezza che tanto splendore non sia al meglio valorizzato.
Naturalmente sto parlando di circa 8 anni fa, perciò spero che nel frattempo qualcosa sia cambiato in meglio. In ogni caso, se passate da Segesta potrete ammirare un tempio dorico esastilo ed un anfiteatro di età ellenistica scavato sul fianco di una collina, benissimo conservati entrambi, oltre alle rovine dell’antica città e ad uno splendido panorama. Portate sempre con voi delle scarpette ginniche – per l’estate le Superga o similari sono perfette – perché camminare nella polvere degli scavi archeologici con i sandali o gli infradito non è molto piacevole!
Ricordate anche di mettervi/portarvi sempre il costume ed il telo da mare quando andate in giro in Sicilia, potrebbe venirvi voglia improvvisamente di un tuffo, proprio come è successo a noi in molte occasioni. Eravamo ad un passo da Castellamare del Golfo, perciò abbiamo comprato uno sfincione per pranzo e ci siamo fiondati in spiaggia!
TRAPANI
Il terzo giorno abbiamo lasciato Palermo per dirigerci a Trapani.
Sulla strada abbiamo tentato di visitare la Riserva dello Zingaro che purtroppo abbiamo trovato chiusa e abbiamo promesso di tornare a visitare (enorme delusione). Come se non bastasse la giornata era piena di vento e non siamo riusciti a fermarci su una delle spiagge di San Vito Lo Capo, perché siamo stati vittime di una vera e propria tempesta di sabbia! (rischi del mestiere).
Ci siamo perciò diretti a Trapani, dove abbiamo soggiornato in un B&B senza pretese; si chiama Aria di Mare, lo trovate su Tripadvisor, è estremamente economico, con bagno in comune ma la posizione è top, alle spalle di Corso Vittorio Emanuele, la via principale dove si trova la Cattedrale di San Lorenzo. Il centro storico di Trapani (che in greco significa “falce” per la caratteristica forma della città) è delizioso e ben tenuto, con molti palazzi nobiliari dalle ricche facciate, le cinque torri sentinelle delle mura della città, la Fontana del Tritone e le numerose chiese.
Per una passeggiata al verde e all’ombra consiglio la visita della villa comunale, Villa Margherita, dedicata appunto alla Regina Margherita, risalente agli ultimi anni dell’800, una specie di orto botanico con tantissime piante che non avevo mai visto prima e alberi maestosi e anche molti animali (uccelli, conigli, anatre, cigni, galli cedroni ed altri).
Interessanti da visitare sicuramente anche Le Saline, che sono antichissime, probabilmente impiantate dai Fenici, furono date per atto pubblico in gabella nel 1440. Molto caratteristiche nell’insieme del paesaggio con tipici mulini a vento che si stagliano nel cielo. La Riserva ospita anche il Museo del Sale che espone attrezzature tipiche dell’attività tradizionale.
Mi corre d’obbligo segnalare, anche se non fa parte del patrimonio storico-architettonico-paesaggistico, la pizzeria Calvino. Si, lo so, vi chiederete: ma come? vado in Sicilia e mangio la pizza? No, non mangiate la pizza, mangiate QUESTA pizza. Il posto lo abbiamo scoperto per caso, ce l’ha consigliato un ragazzo sul motorino che abbiamo fermato per strada (grazie amico sul motorino, ovunque tu sia). La nostra prima reazione è stata quella di cui sopra, ma poi ci siamo incuriositi perché la pizzeria era proprio sulla stessa strada del nostro B&B, via Nasi. Il posto è fantastico, sembra una specie di casa-labirinto, con tante stanze e stanzette dove possono essere sistemati uno o più tavoli. La pizza è un sogno, cotta nel forno a legna, alta, supercondita. Non uguale a nessuna che abbia mai mangiato. Ma straconsigliata. (Prenotate con anticipo se volete andarci perché è pienissimo, la gente prenota anche giorni prima, altrimenti dovrete accontentarci di prenderla da asporto, ma dovete provarla per forza).
ERICE
Non tutti sanno che da Trapani è possibile prendere una funicolare con destinazione Erice, una cittadina che si trova a 750 metri di altezza sull’omonimo monte, alle cui pendici si trova Trapani. Già il viaggio in funivia è spettacolare, per lo splendido panorama di cui è possibile godere: tanto verde, il mare, la città di Trapani dall’alto, le saline.
Erice è una città di origine fenicia e greca, difesa da mura e bastioni, con una vista a strapiombo sul mare e stradine strette e lastricate da ciottoli, tipiche dei borghi medievali.
Nell’antichità Erice era nota per il suo tempio dove i Fenici adoravano Astarte, i Greci Afrodite ed i Romani Venere.
Nel corso della storia la cittadina è stata in parte abbandonata dai suoi abitanti, ma in compenso ha guadagnato molti turisti: la popolazione infatti in estate quadruplica. Per degli architetti come noi è stato molto interessante acquistare il biglietto unico che offre l’accesso ai siti storici più importanti della città, perlopiù chiese e monasteri, quasi tutti mirabilmente restaurati, anche con tecniche moderne, a seguito di danni causati da terremoti e abbandono temporaneo dei luoghi.
Alcuni di questi hanno origini davvero lontane nel tempo, perché gli edifici che vediamo oggi sono in molti casi costruiti sulle rovine del passato, su siti ancora più antichi, come il Monastero benedettino di san Salvatore, che poggia su una serie di cisterne risalenti ad epoca romana, connesse al culto della dea Venere; questo Monastero, che ospitava circa 50 suore verso la fine del 1500, che producevano parati in seta, oro e argento, fu abbandonato a seguito dell’Unità d’Italia, nel 1866, quando gli ordini religiosi furono soppressi e furono confiscati tutti i beni ad essi appartenenti.
La Chiesa di San Giovanni, invece, probabilmente risale ai tempi di Costantino, rifatta nella prima metà del 1400, allargata nel 1631, custodisce affreschi medievali provenienti dalla chiesa rupestre di S. Maria Maddalena.
Girare per i vicoli, fermandosi ogni tanto ad ammirare le piccole botteghe di souvenir, a mangiare una granita o un cannolo nelle pasticcerie graziose del borgo è una esperienza che consiglio a tutti. Sembra di essere in un piccolo mondo a parte, curato, ben tenuto.
Sarà molto suggestivo se per caso vi troverete, come è successo a noi, ad ascoltare le prove dei canti del coro dei frati, mentre facevamo visita al Duomo. Da ultimo sarà un po’ faticoso ma sicuramente appagante salire sul promontorio dove si trovano il vecchio e il nuovo Castello. C’è anche una vasta pineta ben attrezzata con panche e tavolini dove è possibile fermarsi per un pic-nic improvvisato all’ombra, prima di riprendere la funicolare.
SALEMI
Passando per una Marsala deserta (il 15 agosto!) dove abbiamo comprato due bottiglie da portare ai nostri genitori come souvenir, abbiamo raggiunto Salemi, ancor più deserta, dove abbiamo scelto di soggiornare per sfuggire al delirio di ferragosto che sicuramente avremmo trovato sulle spiagge (per questo abbiamo strategicamente scelto un hotel con piscina!).
Ora. Salemi per gli architetti che hanno studiato a Bari con il professor D’Amato vuol dire solo una cosa: il teatro del Carmine a cielo aperto di Francesco Venezia (in collaborazione con Roberto Collovà e Francesca Aprile, ma non lo dice mai nessuno). Noi ci siamo andati apposta, ma se capitate da quelle parti per qualsiasi motivo, una visita la vale assolutamente.
Questo intervento, infatti, non è una semplice opera architettonica ma un mirabile esempio di inserimento nel territorio, di rigenerazione di un quartiere, quello del Carmine, dal 1968 dichiarato a rischio sismico e quindi non più sicuro per ospitare l’edificato, quindi progressivamente abbandonato. Il quartiere, dalla forma allungata, attraversava diverse quote, da monte a valle, fungendo da collegamento tra il centro storico arroccato e i nuovi quartieri più a valle, perciò è subito comprensibile la necessità di trasformare questo pezzo di città fantasma che si riconnettesse a due parti attive del territorio. L’idea originaria era naturalmente molto più ambiziosa che realistica: realizzare un parco urbano, il Giardino Comunale di Salemi, che non è stato ancora istituito, operando una sorta di taglia e cuci, piccole demolizioni controllate, per utilizzare le murature degli edifici come balaustre di terrazze, recinti di aiuole, tutto ciò cercando di coniugare la pendenza del terreno con i tracciati longitudinali esistenti.
Da questa logica compositiva nasce il teatro, composto da due terrazze poste a due livelli differenti, che costituiscono la cavea e la scena del teatro. Linee geometriche e pulite, pochi materiali: arenaria, tufo, ciottoli, travertino, si integrano perfettamente con il paesaggio circostante e con i ruderi affioranti dalla sistemazione della pavimentazione. Un intervento delicato, rispettoso, geniale nella sua semplicità. Farebbe piacere una maggiore cura di questo gioiello nascosto in una Sicilia poco patinata, e forse – proprio per questo – ancora più autentica.
IL CRETTO DI A. BURRI
Non distante da Salemi, andando verso Mazara del Vallo, c’è il cretto di Burri, un’opera di Land Art unica nel suo genere, ideata e realizzata da Alberto Burri tra il 1984 e il 1989.
L’opera sorge lì dove un tempo c’era il centro storico di Gibellina, distrutto dal terremoto del 1968, che distrusse sei paesi nella valle del Belice in provincia di Trapani, mietendo oltre un migliaio di vittime.
Si tratta di una distesa di 60mila metri quadrati di cemento bianco e detriti compattati derivanti dalle macerie che i crolli avevano lasciato (sento le Soprintendenze piangere al grido di “consumo di suolo” e “cementificazione”, ma meno male che negli anni 80 dormivano ancora).
Una sorta di memoriale denso di commozione, un monumento culturale e sociale, in cui Burri decise di cristallizzare i vicoli, gli isolati della vecchia Gibellina, impietosamente sostituita da una Gibellina ricostruita nuova di zecca, a 20 km, affidata al genio degli architetti e degli artisti più in voga del momento. Il termine “cretto” per chi non lo sapesse, indica la tecnica utilizzata da Burri, basata sull’effetto fessurato del materiale, che richiama l’effetto del tempo sulla materia.
L’opera mi è piaciuta moltissimo, l’ho trovata introspettiva ed evocativa: camminare tra i vicoli di cemento, su sentieri che seguono l’andamento del terreno, consente di immaginare la forma della vecchia città e la sua fruizione. Mi sono chiesta come possa essere stato visitare il cretto per chi ha vissuto nella Gibellina del passato; credo che in fondo questo sia stato un commuovente omaggio del genio di Burri, io fossi stata una abitante di Gibellina, gli sarei stata immensamente grata.
GIBELLINA
Gibellina Nuova ha bisogno di poche presentazioni: tutti gli architetti conoscono il programma portato avanti dal sindaco Corrao, quando, dopo il terremoto del 1968, si decise di ricostruire la nuova città su un’area che prima apparteneva al comune di Salemi. Il sindaco chiamò a raduno architetti ed artisti italiani affermati, trasformando così la nuova città in un laboratorio di sperimentazione architettonica, dove l’arte dei maestri poté liberamente manifestarsi.
Molti la definirono una utopia, altri un gigantesco fallimento, altri una palestra per dar sfogo all’immaginazione degli artisti e degli architetti, che non ha prodotto tuttavia un’idea di città nell’animo dei cittadini, che in molti casi non si sono sentiti a loro agio nella fruizione degli spazi.
Le opere, in ogni caso, sono splendide, soprattutto alcune, ma l’identità di città fatica a percepirsi, risultando perlopiù un addendum di elementi contemporanei, che hanno tra loro scarsa correlazione.
Tra le opere che maggiormente ci hanno colpito sicuramente il sistema delle Piazze di Franco Purini e Laura Thermes.
Si tratta di cinque piazze poste in contiguità l’una con l’altra, fortemente caratterizzate da elementi architettonici studiati per enfatizzare la visione prospettica, cambiando e modificandosi di volta in volta.
Il portico-mercato è l’elemento che si estende per tre piazze consecutive, delimitando lo spazio delle piazze. Il portico è a doppio ordine ed in alcuni punti sono presenti scale di collegamento, che consentono di passeggiare e osservare la piazza dall’alto, attraverso una sorta di matroneo con finestre squadrate e decorato con ceramiche colorate. I materiali scelti dagli architetti sono il tufo di Mazara (pietra gialla reperibile in loco per il portico), la pietra lavica (nera), il travertino d’Alcamo (bianco) per le pavimentazioni e la pietra rossa. Il sistema ordinato degli spazi è stato pensato dai progettisti come sfondo regolare, capace di mettere in evidenza il “caos creativo” delle opere degli artisti che le piazze avrebbero dovuto accogliere.
Altra opera che consiglio assolutamente di andare a visitare è la Chiesa Madre di Ludovico Quaroni e Luisa Anversa, che sorge nel punto più alto di Gibellina, rappresenta perciò un landmark importante, visibile da quasi tutti i punti della città, grazie alla presenza di una grande sfera bianca in cemento, posta al centro di uno spazio aperto gradonato, che costituisce il centro simbolico e geometrico dell’edificio, un parallelepipedo a base quadrata.
L’opera colpisce per le sue geometrie pulite, per lo studio della luce e soprattutto delle ombre, per l’attenzione al dettaglio architettonico. Lascio parlare le foto che abbiamo scattato, che sicuramente daranno un’idea più chiara di quello che dico.
Molti altri sono gli artisti e le opere visibili a Gibellina, che ne è costellata. Dagli edifici unici nel genere, come la casa del Farmacista di Franco Purini e Laura Thermes, alle opere d’arte pure come quelle di Consagra, Pomodoro, Mendini, per finire con il Museo di Francesco Venezia, nato non da esigenze espositive ma per la pura necessità di recuperare i resti dell’antico Palazzo di Lorenzo, crollato durante il terremoto del Belice, in un ideale e al tempo stesso concreto collegamento tra città vecchia e nuova, tra tecnica antica e moderna, che produce un’opera d’eccellenza unica nel suo genere, dove il contemporaneo cita espressamente il passato, valorizzandolo. Qui sotto una carrellata delle opere che abbiamo potuto vedere e fotografare (ad eccezione del Museo, che non abbiamo potuto visitare direttamente, con sommo rammarico).
SELINUNTE – VALLE DEI TEMPLI (AGRIGENTO)
Dal contemporaneo all’antico è un attimo, in Sicilia. Il giorno successivo abbiamo proseguito il nostro tour al parco archeologico di Selinunte, che vale assolutamente la pena visitare, sia per il sito, su un promontorio a strapiombo sul mare, sia perché costituisce il parco archeologico più grande d’Europa (e ce lo abbiamo noi, in Italia).
Alcuni templi sono purtroppo stati rovinati dall’invasione dei Cartaginesi, dagli eventi sismici occorsi negli anni e non ultimo dagli anni di incuria, ma fortunatamente un ben riuscito intervento di anastilosi ha portato alla ricostruzione del tempio E, il Tempio di Hera, e alla riedificazione di uno dei lati lunghi del Tempio C.
Il sito ci ha incantato, un po’ meno lo stato di abbandono in cui versa. Il biglietto, per noi architetti ridotto, nel 2012 costava 3 euro, ma noi gliene avremmo dati molti di più: forse non sarebbe una cattiva idea aumentare i prezzi dei biglietti per raccogliere fondi idonei alla manutenzione e a finanziare interventi ulteriori di anastilosi, che sembrerebbero possibili ed auspicabili, perché molti elementi sono perfettamente conservati. Se ci andate in estate, di mattina, consiglio un cappello e crema solare, oltre alle già citate scarpette ginniche: raramente ho avvertito più caldo in vita mia.
A fine visita ci siamo diretti a Porto Empedocle, dove abbiamo deciso di soggiornare in un piccolo e grazioso B&B nel centro storico. Porto Empedocle in sè non è nulla di che, ma noi l’abbiamo scelta perché ha dato i natali al maestro Andrea Camilleri ed ancor prima al grande Luigi Pirandello. Sul cartello di benvenuto, infatti, è presente anche il nome “Vigàta” che nel 2003 il comune ha deciso di adottare proprio in omaggio a Camilleri e al Commissario Montalbano, a cui è stata dedicata anche una statua in via Roma, il corso principale, (che non assomiglia per niente a Luca Zingaretti, con mio grandissimo disappunto) non lontano da quella già presente di Luigi Pirandello. Credo che ora sarebbe bello aggiungerne un’altra, in memoria del Maestro Camilleri, che ci ha lasciati l’anno scorso.
E questa sono io con Pirandello, che ho sempre amato, tanto da portarlo agli esami di maturità.
Facendo le nostre ricerche abbiamo scoperto che avremmo potuto visitare la Valle dei Templi anche di sera e ci è sembrata un’ottima idea, sia per evitare il caldo tremendo di agosto, sia perché ci sembrava suggestivo poter ammirare i templi illuminati di sera. In effetti così è stato. (portatevi l’autan!).
La Valle dei Templi, Patrimonio dell’Umanità dichiarato dall’UNESCO nel 1997, non ha bisogno di grandi presentazioni e sicuramente io non sono un’esperta di architettura classica, però consiglio la visita anche a chi non ama particolarmente i parchi archeologici, soprattutto perché il sito è molto ben conservato (meraviglioso il tempio dorico della Concordia, il più famoso) ed è anche il più grande del mondo (e ce lo abbiamo noi, in Italia – parte II).
Dovremmo fare decisamente di più per valorizzare questi siti splendidi ed unici al mondo, invece che devastarli con l’abusivismo edilizio (ebbene, si).
Qualche foto scattata all’imbrunire e con il buio.
SCALA DEI TURCHI
And last…but not the least…La Scala dei Turchi. Imperdibile. Se passate dalle parti di Agrigento è una tappa obbligata.
Una falesia bianca che si erge a picco sulla costa di Realmonte, decantata anche questa da Camilleri in più di uno dei suoi romanzi, deve il suo nome alla scalettatura, che consente a piedi di raggiungere le spiaggette sabbiose, camminando sui larghi costoni. Non consigliato a chi soffre di vertigini…ma noi l’abbiamo fatto ed è stato emozionante. Consigliatissimo l’ombrellone, perché il bianco riflette la luce e se non state attenti diventerete dei gamberi.
Insomma, la Sicilia mi ha rubato il cuore, difficilmente mi sono sentita delusa dai luoghi, dalle persone che abbiamo conosciuto, dal cibo che abbiamo mangiato (soprattutto, per una buona forchetta come me!)
Per me è uno di quei posti magici, in cui davvero puoi lasciare andare tutti i tuoi pensieri e goderti i paesaggi, l’architettura, la storia, il mare, i profumi, i sapori, i sorrisi della gente.
Spero che il mio resoconto di viaggio, che fino ad oggi ho tenuto solo per me in un piccolo quadernino blu, vi abbia incuriosito ed interessato e fatto viaggiare un po’ con la fantasia, in questo periodo di reclusione forzata.
Sicilia architettonica avrà una parte seconda, perché nel 2018 ci siamo ritornati ed abbiamo esplorato la parte orientale, molti dei luoghi del set del Commissario Montalbano.
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