Oggi inauguro questa rubrica del blog che raccoglierà tutti i pazzi giri che per amore della scoperta e passione verso l’urbanistica e l’architettura tutta io e il mio compagno di viaggio preferito pianifichiamo quando abbiamo un po’ di tempo libero.
Va riconosciuto a lui gran parte del merito, io sono solo la voce narrante dei posti più nascosti che negli anni mi ha fatto scoprire e che meritano una riflessione critica, utile ad aggiungere un tassello in più alla propria cultura urbanistica e architettonica.
Queste non sono gite per tutti, è presto detto. Se però amate l’architettura nel senso più ampio del termine, se vi piace camminare per la città con una macchina fotografica al seguito, se i vostri occhi hanno fame di paesaggi, se non amate i percorsi già tracciati, beh, penso che possiate trovare gradevole questo post…e quelli che seguiranno!
Buona lettura e buon viaggio!
P.S. Tutte le foto che pubblicherò sono state scattate da me o da Michele.
Comincio questa prima puntata con una piccola gita che abbiamo fatto nel 2013, a marzo, in un unico giorno, partendo da Altamura alla volta della provincia foggiana.
QUI se volete, c’è la mappa del nostro viaggio, con tutte le tappe.
BORGO SEGEZIA (FG)
C’è una strada che sembra tracciata di forza tra le campagne, come una riga nera fatta con il pennarello su un campo verde acquerello. Non un gard rail, poca segnaletica, il verde dei campi che tenta di riafferrare l’asfalto.
E poi, in fondo, c’è un campanile, case dai tetti a falda, alberi disordinati. In fondo c’è Segezia, un borgo fondato nel 1938, durante la Riforma Agraria fascista. Araldo di Crollalanza, allora Presidente dell’Opera Nazionale Combattenti ne affidò il progetto urbanistico all’architetto Concezio Petrucci, pugliese di San Paolo di Civitate, classe 1902, nei primi dieci a laurearsi alla Regia Scuola di Architettura in Italia, lo chiamavano l’enfant prodige.
Petrucci disegna il borgo di Segezia con la tipica conformazione cardo-decumanica e una grande piazza dove si concentrano i principali edifici pubblici di rappresentanza: la Chiesa dell’Immacolata di Fatima con il suo campanile, la Casa del Fascio e il palazzo del comune, tutti progettati da Petrucci stesso.
Il progetto della città è inserito nel Piano di Bonifica del Tavoliere e viene abbandonato dopo pochi anni dal suo inizio concreto, con la nascita della Repubblica.
Il Borgo oggi è una frazione della vicina Foggia, ancora abitato perlopiù da agricoltori, come vuole il suo nome e la sua origine, (dal latino seges, campo seminato).
Oggi, seppur spettrale (nonostante il giorno della nostra visita fosse una domenica) Segezia è affascinante, perchè rispecchia il mondo onirico dell’architetto che l’ha concepita ed i sogni di gloria fascista, con ancora incredibile forza. Il segno dell’abbandono e della decadenza le conferiscono l’aria di una regina caduta, quel fascino proprio della rovina.
Il campanile a pianta quadrata, che ha molto della torre e molto poco del campanile, sorge solitario nella piazza centrale ed è composto da nove ordini sovrapposti di loggiati e quindi non posso fare a meno di contare le lettere di M-U-S-S-O-L-I-N-I e di verificare che anche queste sono 9, istituendo un immediato parallelismo con il palazzo della Civiltà Italiana all’EUR…ma chissà se sia davvero così.
Petrucci sembra quasi costruire una griglia di pietra bianca attorno al nucleo centrale in mattoni della torre e corona il tutto con una cuspide a cono, rivestita di maioliche verdi, con un tocco di colore inaspettato.
L’elemento colorato è sempre presente, insieme alle forme geometriche ossessive, dritte, semplici. Sulla facciata della Chiesa dell’Immacolata di Fatima ritroviamo delle formelle colorate di ceramica di Vietri, tutte diverse tra loro ma disposte ad intervalli regolari, con un ordine quasi esasperante.
- Complesso della Chiesa con il Campanile
- Il campanile
- Dettaglio del loggiato del campanile
- Facciata della chiesa
- Sommità del Campanile
- Dettaglio del loggiato
- La cuspide maiolicata
- Dettaglio del campanile – la firma dell’architetto
- I due volumi della chiesa e del campanile sovrapposti
- Facciata della chiesa – parte superiore
- Formelle di ceramica di Vietri – dettaglio della facciata
- Portale di ingresso alla chiesa
- Formelle di ceramica di Vietri
- Pulpito della chiesa
- Interno della chiesa con copertura ricostruita
- Porta navata laterale – dettaglio
L’interno della Chiesa è stato purtroppo manomesso. La copertura è stata sostituita a seguito di un crollo, con un inserimento anche troppo riconoscibile. Restano le linee pulite degli arconi centrale e laterali, dal pulpito semicircolare e da alcuni dettagli architettonici curatissimi come le porte in legno originali inquadrate da cornici in pietra importanti.
Ciò che mi colpisce, osservando questo complesso è l’attenzione ai materiali utilizzati, ai colori, alle finiture, ad ogni singolo elemento architettonico, in una composizione raffinata delle forme e in un accostamento sapiente dei colori, in una composizione degna del più raffinato razionalismo.
Dall’altro lato della piazza c’è l’edificio del comune: tre ordini sovrapposti di arcate in mattoni rossi dietro alle quali si nascondono logge voltate a crociera e aperture squadrate. Solo i marcapiani in pietra bianca smorzano il rosso dei mattoni a vista. Il risultato è un edificio semplice che richiama da un lato la tradizione tedesca nell’uso dei materiali e nei colori, dall’altra l’architettura romana classica. Anche qui il rimando al Palazzo della Civiltà Italiana, non per nulla soprannominato Colosseo Quadrato, è immediato.

Palazzo del Comune – prospetto principale – Segezia
Subito di fianco al palazzo comunale, dopo l’edificio verde marcio delle poste c’è la Casa del Fascio. Davanti alla facciata troneggia una vasca circolare profonda, una fontana, ai tempi.
Ciò che rimane è solo la torre d’ingresso, monumentale, bugnata. Il grande portale è sormontato da un imponente bassorilievo, a sua volta sormontato da una finestra ornata da grandi fasci littori. Il resto della facciata, infestato da croste nere ed intonaci decoesi, che lasciano il mattone a vista in molti punti, è oggi offeso da infissi in anticorodal bianco e unità esterne di condizionatori, in una anacronistica rivisitazione, in un invecchiamento precoce e malato.

Casa del Fascio – Segesta
In questi casi rifletto sulla tutela che dovrebbe spettare a questi edifici, che restano la più viva testimonianza della nostra storia recente e sull’inefficacia del sistema vincolistico calato dall’alto, senza una reale vigilanza sui territori. Mi chiedo per quale motivo questo edificio debba essere abbandonato al degrado, mi chiedo se Segezia tutta abbia un vincolo diffuso che non ne consente l’abbattimento. Penso che questo sia molto probabile.
Allora mi chiedo: perchè non esistono strumenti efficaci per la conservazione di questi valori testimoniali, di queste architetture, di questi borghi? Spesso il problema è insito nella proprietà di questi edifici e nella carenza di fondi per il loro recupero e per la valorizzazione, per la riconversione, per il riuso che inevitabilmente genera rigenerazione urbana. Risulta innegabile che il sistema vincolistico è oggi fallimentare o quantomeno monco di misure efficaci per il recupero di fondi utili per preservare il patrimonio.
Spesso in questi anni di professione mi sono trovata a confrontarmi con committenti disperati di fronte all’apposizione di un vincolo architettonico alla cosiddetta “dichiarazione dell’interesse culturale” regolata dall’art. 14 del Codice dei Beni Culturali da parte della Soprintendenza, perché questa misura oggi significa la morte del fabbricato, atteso che i privati spesso non riescono a provvedere all’adeguata manutenzione e al restauro con i propri mezzi economici.
I vecchi incentivi che venivano assegnati dal MIBACT sono un ricordo, ormai da molti anni. Occorrerebbero misure realmente praticabili, per i comuni e per i privati, ad esempio l’accesso a fondi europei per il recupero di questi manufatti, considerato che se la ratio è quella di vincolarli perché siano tramandati alle generazioni future, l’interesse pubblico di questa operazione è assolutamente evidente.
CERIGNOLA (FG)
Ma lasciamo Segesta per inoltrarci in una città che non gode di buona fama, ma che ha alcuni segreti da scoprire.
Vedrete dalla mappa che ho caricato, che ci siamo recati a Cerignola e la nostra prima tappa è stata la via XXV aprile che prosegue in via Pantanella. Vi chiederete cosa così straordinario da vedere, proprio lì, in una anonima via decentrata di Cerignola, che proseguendo conduce al cimitero.
E qui, chi non è invasato per l’architettura come noi non potrà capire.
La nostra prima tappa a Cerignola è il Quartiere INA CASA progettato da Mario Ridolfi e Wolfang Frankl nel 1950.
Nel 1949 l’INA CASA stanzia in favore del comune di Cerignola 130 milioni di lire per la costruzione di nuovi alloggi. Il progetto viene affidato ai due architetti che, in tempo da record elaborano i disegni e cominciano i lavori, che terminano a luglio del 1951.
Il progetto si compone attorno a due forti elementi preesistenti ovvero la pineta che diventerà il fulcro centrale del quartiere e l’asse stradale di via Pantanella.
Il quartiere è costituito da vari tipi edilizi, studiati dagli architetti al fine di alloggiarvi persone di precise estrazioni sociali: le tipologie A e B sono villette singole ideate per i braccianti agricoli, a un solo piano, con degli avancorpi dove ubicare magazzini e ricoverare gli attrezzi del mestiere. Le tipologie C sono destinate agli impiegati e sono tipi edilizi in linea, di quattro piani. Le tipologie D ed E sono molto particolari, perchè rappresentano una innovazione a Cerignola, non ricalcando alcuno schema già utilizzato: si tratta di particolari ville a schiera, costituite da un alloggio da 5 vani al pianterreno e da un duplex al primo e secondo piano, di 7 vani, accessibile tramite una scala che sporge dal filo facciata ed immette nella terrazza di pertinenza dell’immobile.
Nonostante oggi questo quartiere abbia subito i normali rimaneggiamenti o più propriamente gli abusi edilizi perpetrati dagli inquilini, come tettoie di fortuna e verande in discutibile anticorodal dorato, nonostante il gusto degli anni 50 sia ravvisabile in alcuni dettagli architettonici, come i parapetti o il coronamento, l’operazione ha ancora oggi una propria dignità architettonica, soprattutto nello studio meticoloso delle tipologie e dei materiali, che presuppone uno studio sociologico dei modi dell’abitare e uno studio delle tecnologie costruttive in accordo con i materiali della tradizione locale.
Questo è l’atteggiamento con cui Ridolfi nel panorama di quegli anni cerca di contrapporsi con la propria architettura neorealista alle forme più classicheggianti ed austere del razionalismo degli anni del fascismo. Non a caso sceglie accuratamente il tufo di Canosa per costruire gli edifici in muratura portante e utilizza i mattoni rossi senza rivestimento e la pietra bianca di Trani per le scale, con una verità architettonica quasi disarmante, che mira a non nascondere chi siamo; è questa l’estrema modernità di Ridolfi e Frankl a Cerignola: la riscoperta del linguaggio vernacolare in architettura.
Qualora vogliate approfondire osservando i disegni originali QUI trovate il link all’opera conservata dal Fondo Ridolfi, con tutti i disegni del quartiere e delle tipologie.
Una volta che siete a Cerignola non potete non andare a vedere il Piano delle Fosse Granarie, magazzini di origine neolitica che servivano per conservare le semenze. Sono diffuse in tutta la Capitanata; quelle di Cerignola risalgono presumibilmente al XVI secolo ed hanno una forma tronco-conica. Scavate nella pietra tufacea hanno la parete interna rivestita da calce ed erano destinate principalmente alla conservazione del grano, ma anche di orzo, avena, granturco, fave, mandorle, ceci, semi di lino.

Piano delle Fosse Granarie
Superiormente presentano una imboccatura circolare delimitata esternamente da quattro elementi in pietra naturale.
Quattro mattoni angolari – di terracotta o pietra – delimitano il colletto della fossa; su di essi prendevano posto quattro operai che – mediante cesti legati a funi – estraevano il prodotto immagazzinato con l’aiuto di un quinto operaio che entrava nella fossa per riempire i cesti.
La fossa è normalmente chiusa con assi di legno e coperta da un cumulo di terra che serviva a far defluire l’acqua piovana.
Ognuna è identificata da un cippo lapideo che reca scolpite – spesso intrecciate o fuse – le iniziali del proprietario e un numero progressivo.
Io naturalmente ho dovuto studiare di cosa si trattasse perchè ci è capitato davanti durante la nostra esplorazione, inducendoci a domandarci cosa fosse.
Infine, prima di andare via non potete non passare a visitare la Cattedrale di San Pietro Apostolo, anche detta Duomo Tonti, dal nome del facoltoso cittadino che vendette tutti i suoi possedimenti per costruirlo nel 1855, quindi in epoca relativamente recente. Tuttavia ha un aspetto interessante, più dall’esterno che dall’interno, risultato di uno studio approfondito durato quasi 30 anni, a cui hanno preso parte diversi ingegneri ed architetti.
Proprio di fronte al duomo, merita almeno una foto il palazzo Manfredi, risalente al XIX secolo, un palazzotto nobiliare di una antica famiglia cerignolana.
Non molto distante c’è il Teatro Saverio Mercadante, costruito dal 1859 al 1867 su progetto dell’Ingegner Leopoldo Vaccaro di Napoli, che ha sistemato anche la piazza antistante. E con questo il nostro giro di Cerignola può dirsi concluso.
- Domo Tonti
- Palazzo Manfredi
MINERVINO MURGE (BAT)
In ogni gita che si rispetti tornando a casa si fa una piccola deviazione per addolcire il ritorno.
La nostra è stata per Minervino Murge, soprannominata il balcone di Puglia per la sua posizione panoramica sulla valle dell’Ofanto.
Gran parte del suo territorio comunale è ricompreso all’interno del Parco Nazionale dell’Alta Murgia.
Noi ci siamo persi nel centro storico e abbiamo osservato gli splendidi panorami, senza pensarci troppo e vi consiglio di fare lo stesso. Qui non ho molto da dire, lascerò che le immagini parlino per me.
Il nostro primo giro insieme finisce qui, alla prossima!
Se avete posti da consigliarmi commentate pure qui sotto.